Omero in uno dei tanti ritratti immaginari. La sua stessa biografia è avvolta nel più fitto mistero
Plutarco Nato in Beozia nel I secolo d.C., ottenne da Traiano la dignità consolare romana. Successivamente fu nominato Ambasciatore romano in Grecia da Adriano.
La Penelope Vaticana. Si tratta della copia di una statua greca risalente al XVI secolo a.C.
Saxo Grammaticus (c. 1150-c. 1220). Storico danese medievale.
Tantalo (F. Goya)
Filottete sull'isola di Lemno (J-G.Drouais, 1788)
Aiace riporta al campo il corpo di Patroclo.
Pindaro (520 - 438 a.C.)
Circe offre la coppa a Ulisse (J. W- Waterhouse, 1891)
Guerrieri achei. Coppa del VII secolo a.C.
Disco di Nebra (c.a 2000 a.C.)
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Omero nel Baltico
Sin
dai tempi antichi la geografia omerica ha dato adito a problemi e
perplessità: la coincidenza tra le città, le regioni, le isole
descritte, spesso con dovizia di dettagli, nell'Iliade e nell'Odissea ed i
luoghi reali del mondo mediterraneo, con cui una tradizione millenaria
le ha sempre identificate, è spesso parziale, approssimativa e
problematica, quando non dà luogo ad evidenti contraddizioni: ne
troviamo vari esempi in Strabone, il quale tra l'altro si domanda perché
mai l'isola di Faro, ubicata proprio davanti al porto di Alessandria, da
Omero venga invece inspiegabilmente collocata ad una giornata di
navigazione dall'Egitto. Così l'ubicazione di Itaca, data dall'Odissea
in termini molto puntuali – secondo Omero è la più occidentale di un
arcipelago che comprende tre isole maggiori: Dulichio, Same e Zacinto
– non trova alcuna corrispondenza nella realtà geografica
dell'omonima isola nel mar Ionio, ubicata a nord di Zacinto, ad est di
Cefalonia e a sud di Leucade. E che dire del Peloponneso, descritto come
una pianura in entrambi i poemi? Una
possibile chiave per penetrare finalmente in questa singolare realtà
geografica ce la fornisce Plutarco, il quale in una sua opera, il De
facie quae in orbe lunae apparet, fa un'affermazione sorprendente:
l'isola Ogigia, dove la dea Calipso trattenne a lungo Ulisse prima di
consentirgli il ritorno ad Itaca, è situata nell'Atlantico del nord,
"a cinque giorni di navigazione dalla Britannia". Partendo da
tale indicazione e seguendo la rotta verso est, indicata nel V libro
dell'Odissea, percorsa da
Ulisse dopo la sua partenza dall'isola (identificabile con una delle
Faroer, tra le quali si riscontra un nome curiosamente "grecheggiante":
Mykines), si riesce subito a localizzare la terra dei Feaci, la Scheria,
sulla costa meridionale della Norvegia, in un'area in cui abbondano i
reperti dell'età del bronzo (ed anche graffiti rupestri raffiguranti
navi: in effetti Omero chiama i Feaci “famosi navigatori”, ma di
essi non è stata mai trovata nessuna traccia nel Mediterraneo). Qui, al
momento dell’approdo di Ulisse, si verifica un fatto apparentemente
incomprensibile: il fiume (dove il giorno successivo il nostro eroe
incontrerà Nausicaa) ad un certo punto inverte il senso della corrente
ed accoglie il naufrago all’interno della sua foce. Tale fenomeno,
rarissimo nel Mediterraneo, è invece comune nel mondo atlantico, dove
l’alta marea produce la periodica inversione del flusso negli estuari.
Riguardo poi al nome stesso della Scheria, osserviamo che nell'antica
lingua nordica "skerja" significava "scoglio". Da
qui, con un viaggio relativamente breve il nostro eroe fu poi
accompagnato ad Itaca, situata, secondo Omero, all'estremità
occidentale di un arcipelago su cui il poeta ci fornisce molti
particolari, estremamente coerenti fra loro ma totalmente incongruenti
con le Isole Ionie: ora, una serie di precisi riscontri consente di
individuare nel Baltico meridionale un gruppo di isole danesi,
l’arcipelago del Sud Fionia, che vi corrisponde in ogni dettaglio. Le
principali infatti sono proprio tre: Langeland (l'"Isola
Lunga": ecco svelato l'enigma della misteriosa Dulichio), Ærø (la
Same omerica, anch'essa collocata esattamente secondo le indicazioni
dell'Odissea) e Tåsinge
(l'antica Zacinto). L'ultima isola dell'arcipelago verso occidente,
"là, verso la notte", ora chiamata Lyø, è proprio l'Itaca
di Ulisse: essa coincide in modo stupefacente con le indicazioni del
poeta, non solo per la posizione, ma anche per le caratteristiche
topografiche e morfologiche (invece l’Itaca greca non ha nulla a che
vedere con le indicazioni dell’Odissea).
E nel gruppo si ritrova persino l'isoletta, "nello stretto fra
Itaca e Same", dove i pretendenti si appostarono per tendere
l'agguato a Telemaco. Inoltre,
ad oriente di Itaca e davanti a Dulichio giaceva una delle regioni del
Peloponneso, che a questo punto si identifica facilmente con la grande
isola danese di Sjælland (dove adesso sorge Copenaghen): ecco la vera
"Isola di Pelope", nell'autentico significato del termine. Il
Peloponneso greco invece, situato in posizione corrispondente nell'Egeo,
malgrado la sua denominazione non è un'isola: questa contraddizione,
inspiegabile se non si ammette una trasposizione di nomi, è molto
significativa. Ma c'è di più: sia i particolari, riportati dall'Odissea,
del rapido viaggio in cocchio di Telemaco da Pilo a Lacedemone lungo una
"pianura ferace di grano", sia gli sviluppi della guerricciola
tra Pili ed Epei raccontata da Nestore nell'XI libro dell'Iliade,
da sempre considerati incongruenti con la tormentata orografia della
Grecia, si inseriscono perfettamente nella realtà della pianeggiante
isola danese. Va
notato che in tutto il mondo
non esiste un gruppo di isole che corrisponda alle indicazioni omeriche
altrettanto bene quanto queste isole della Danimarca (e men che meno nel
Mediterraneo). Cerchiamo
ora la regione di Troia. L'Iliade
la situa lungo l'Ellesponto, sistematicamente descritto come un mare
"largo" o addirittura "sconfinato"; è pertanto da
escludere che possa trattarsi dello Stretto dei Dardanelli, davanti a
cui si trova la collina di Hissarlik con la città trovata
nell’Ottocento da Schliemann, la cui identificazione con la Troia
omerica continua a suscitare fortissime perplessità (pensiamo alla
critica che ne ha fatto Moses Finley nel suo Il
mondo di Odisseo). Inoltre, una serie di indagini geologiche
recentemente condotte nella pianura ai piedi della collina ha mostrato
che nel II millennio a.C. essa era ricoperta da un vasto braccio di
mare, del tutto inconciliabile con le descrizioni omeriche. Ora,
lo storico medioevale danese Saxo Grammaticus nelle sue Gesta
Danorum menziona in più occasioni un singolare popolo di "Ellespontini",
nemici dei Danesi, e un "Ellesponto" curiosamente situato
nell'area del Baltico orientale: che si tratti dell'Ellesponto omerico?
Esso potrebbe identificarsi con il Golfo di Finlandia, il corrispondente
geografico dei Dardanelli; poiché d'altra parte Troia, secondo l'Iliade,
era ubicata a nord-est del mare (altro punto a sfavore del sito di
Schliemann), per la nostra ricerca è ragionevole orientarci verso
un'area della Finlandia meridionale, là dove il Golfo di Finlandia
sbocca nel Baltico. E proprio qui, in una zona circoscritta ad occidente
di Helsinki, s'incontrano numerosissime località i cui nomi ricordano
in modo impressionante quelli dell'Iliade,
ed in particolare gli alleati dei Troiani: Askainen (Ascanio), Reso
(Reso), Karjaa (Carii), Nästi (Naste, capo dei Carii), Lyökki (Lici),
Tenala (Tenedo), Kiila (Cilla), Kiikoinen (Ciconi) e tanti altri. Vi è
anche una Padva, che richiama la nostra Padova, la quale secondo la
tradizione venne fondata dal troiano Antenore (i Veneti, chiamati
“Enetoi” nell’Iliade ed
enumerati fra gli alleati dei Troiani, nella Germania
di Tacito sono menzionati accanto ai Finni,); inoltre, nella stessa area
della Finlandia meridionale, i toponimi Tanttala e Sipilä – sul monte
Sipilo fu sepolto il mitico Tantalo, famoso per il celebre supplizio
nonché re della Lidia, una regione confinante con la Troade –
indicano che il discorso non è circoscritto alla sola geografia
omerica, ma sembra estendersi all'intero mondo della mitologia greca. E
Troia? Proprio al centro della zona così individuata, in una località,
a mezza strada fra Helsinki e Turku, le cui caratteristiche
corrispondono esattamente a quelle tramandateci da Omero – l'area
collinosa che domina la vallata con i due fiumi, la pianura che scende
verso la costa, le alture alle spalle – scopriamo che la città di
Priamo è sopravvissuta al saccheggio e all'incendio da parte degli
Achei ed ha conservato il proprio nome quasi invariato sino ai nostri
giorni: Toija, così si chiama attualmente, è ora un pacifico villaggio
finlandese, rimasto per millenni ignaro del proprio glorioso e tragico
passato. Varie visite in loco, a partire dall'11 luglio 1992, hanno
confermato le straordinarie corrispondenze delle descrizioni dell'Iliade
con il territorio attorno a Toija, dove per di più si riscontrano molti
tumuli preistorici ed altre notevoli tracce dell'età del bronzo. E’
poi stupefacente che, in direzione del mare, il nome della località di
Aijala ricordi tuttora la "spiaggia" ("aigialòs")
dove gli Achei avevano tratto in secca le loro navi (Il. XIV, 34). Le
corrispondenze geografiche si estendono anche alle aree adiacenti: sulla
costa svedese antistante, 70 chilometri a nord di Stoccolma, si affaccia
la baia di Norrtälje, lunga e relativamente stretta, le cui
caratteristiche rimandano alla Aulide omerica, da dove mosse la flotta
achea diretta a Troia; attualmente dalla sua estremità partono i
traghetti per la Finlandia, ricalcando la stessa rotta: essi transitano
davanti all'isola Lemland, il cui nome ricorda l'antica Lemno, dove gli
Achei fecero tappa e abbandonarono l'eroe Filottete; a sua volta, la
vicina Åland, la maggiore dell'omonimo arcipelago, probabilmente
coincide con Samotracia, mitica sede dei misteri della metallurgia.
L'attiguo Golfo di Botnia a questo punto è facilmente identificabile
con l'omerico Mar Tracio; e, riguardo alla Tracia, che il poeta colloca
al di là del mare rispetto a Troia, in direzione nord-ovest, essa
giaceva lungo la costa della Svezia centro-settentrionale e nel suo
entroterra (ed è singolare che nei miti nordici il dio Thor sia il
signore di una regione chiamata “Trakja”).
Più a sud, oltre il Golfo di Finlandia, la posizione dell'isola Hiiumaa,
situata dirimpetto alla costa dell'Estonia, corrisponde esattamente a
quella dell'omerica Chio, che l'Odissea
pone sulla rotta del rientro in patria della flotta achea dopo la
guerra. Insomma,
oltre alle caratteristiche morfologiche del territorio, anche la
collocazione geografica di questa Troade finnica "calza a
pennello" con le indicazioni della mitologia; e così si spiega
finalmente perché sui combattenti nella pianura di Troia cali spesso
una "fitta nebbia" ed il mare di Ulisse non sia mai quello
splendente delle isole greche, ma appaia sempre "livido" e
"brumoso": nel mondo cantato da Omero si avvertono le asprezze
tipiche dei climi nordici. Dovunque vi si riscontra una meteorologia
tutt'altro che mediterranea, con nebbia, vento, freddo, pioggia, neve
– quest'ultima anche in pianura e perfino sul mare – mentre il sole,
e soprattutto il caldo, sono quasi sempre assenti: in quello che,
secondo la tradizione, dovrebbe essere un torrido bassopiano
dell'Anatolia, il tempo è quasi sempre inclemente, al punto che i
combattenti, ricoperti di bronzo, arrivano ad invocare il sereno durante
la battaglia! Addirittura, nel rievocare un episodio della guerra di
Troia, Ulisse racconta che sotto le mura della città "la notte era
scesa cattiva, ché Borea soffiava/ e gelata. Poi sopraggiunse la neve,
come una brina spessa,/ gelida: intorno agli scudi s'incrostava il
ghiaccio" (Od. XIV, 475-477). Ma anche nell’Itaca omerica il
tempo è freddo e perturbato e non splende mai il sole: eppure le
vicende dell’Odissea sono
ambientate durante la stagione della navigazione. D'altronde, a tale
contesto è perfettamente adeguato l'abbigliamento dei personaggi
omerici, tunica e "folto mantello", che non lasciano mai,
neppure durante i banchetti: esso trova un preciso riscontro nei resti
di abiti ritrovati nelle antiche tombe danesi. Questa
collocazione così settentrionale consente altresì di spiegare la
macroscopica anomalia della grande battaglia che occupa i libri centrali
dell'Iliade, con due
mezzogiorni (XI, 86; XVI, 777)
intercalati da una “notte funesta” (XVI,
567), la quale però non interrompe i combattimenti. La
prosecuzione notturna della battaglia è incomprensibile nel mondo
mediterraneo, mentre si spiega subito con la localizzazione nordica: è
infatti il chiarore notturno, tipico delle alte latitudini nei giorni
attorno al solstizio estivo, che consente alle truppe fresche guidate da
Patroclo di continuare a combattere ininterrottamente fino al giorno
dopo. A ciò si aggiunge la concomitanza dell’ondata di piena dei due
fiumi di Troia, lo Scamandro e il Simoenta, nella battaglia del giorno
successivo, in cui lo stesso Achille rischia di annegare: ciò è in
accordo con i regimi stagionali dei fiumi nordici, le cui piene
primaverili, susseguenti al disgelo, avvengono tra maggio e giugno,
ossia proprio quando si verificano le notti bianche. Questa
chiave di lettura consente finalmente di ricostruire tutto lo
svolgimento della battaglia durata due giorni in modo perfettamente
logico e coerente, senza le perplessità e le forzature delle attuali
interpretazioni, che in nome della “pregiudiziale mediterranea” sono
costrette a comprimerla in un giorno soltanto. Addirittura, da un passo
dell'Iliade si riesce persino
a evincere il nome greco, “amphilyke
nyx”, del fenomeno delle notti bianche, tipiche delle regioni
situate a ridosso del Circolo polare: è un vero e proprio "fossile
linguistico" che l'epos omerico ha fatto sopravvivere allo
spostamento degli Achei nel sud dell'Europa, dove le notti bianche
ovviamente non si verificano. Notiamo
ancora che, in base alle descrizioni di Omero, le mura di Troia appaiono
alla stregua di una rustica palizzata di tronchi e pietre; insomma, più
che le poderose fortificazioni micenee, esse ricordano gli arcaici
recinti in legno degli insediamenti nordici (tali furono ad esempio le
mura del Cremlino fino al XV secolo). Prendiamo adesso in esame il cosiddetto Catalogo delle navi del II libro dell'Iliade, che riporta l'elenco delle 29 flotte achee partecipanti alla guerra di Troia con i loro comandanti e le località di provenienza: si può verificare che esso si snoda seguendo punto per punto la geografia delle coste baltiche in senso antiorario, a partire dalla Svezia centrale fino alla Finlandia (mentre la stessa sequenza, se la si applica al contesto mediterraneo, diventa confusa e problematica); in tal modo, utilizzando anche le altre notizie fornite dai due poemi, è possibile ricostruire integralmente il mondo degli Achei attorno al mar Baltico, dove, come ci attesta l'archeologia, nel secondo millennio a.C. fioriva una splendida età del bronzo.
Ecco
dunque la ragione delle anomalie, geografiche e non, contenute nei poemi
omerici: il teatro della guerra di Troia e delle altre vicende della
mitologia greca non fu il Mediterraneo, ma il mar Baltico, sede
primitiva dei biondi "lunghichiomati" Achei, riguardo ai quali
esiste già la tendenza a considerarli provenienti dal settentrione,
sulla base di una serie di testimonianze archeologiche raccolte sui siti
micenei in Grecia. A tale riguardo il prof. Martin P. Nilsson, eminente
studioso ed archeologo svedese, nel suo famoso Homer
and Mycenae riporta numerose, e significative, prove che attestano
l'origine nordica di quel popolo: ad esempio la presenza, nelle più
antiche tombe micenee in Grecia, di grandi quantità di ambra (che
invece scarseggia sia nelle sepolture più recenti, sia in quelle
minoiche a Creta); l'impronta prettamente nordica della loro
architettura (il megaron
miceneo "è identico alla sala degli antichi re scandinavi");
la "impressionante somiglianza" di alcune lastre di pietra
provenienti da una tomba di Dendra "con i menhir conosciuti dall'età
del bronzo dell'Europa centrale"; i crani di tipo nordico trovati
nella necropoli di Kalkani e così via. D'altro canto, in certi reperti
dell'archeologia scandinava, ed in particolare nelle figure incise sulle
lastre del grande tumulo di Kivik, in Svezia, sono state riscontrate
rimarchevoli affinità con i modelli dell'arte egea, al punto da indurre
qualche studioso del passato ad ipotizzare che quel monumento fosse
opera dei Fenici. Inoltre, un significativo indizio della presenza degli
Achei nel nord dell'Europa è costituito da un graffito miceneo
ritrovato nel complesso megalitico di Stonehenge, in Inghilterra
meridionale, insieme con altre tracce, riscontrate dagli archeologi
sempre nella stessa area ("cultura del Wessex"), di epoca precedente
all'inizio della civiltà micenea in Grecia. Quanto
a Ulisse, di cui Omero ricorda “i biondi capelli” – d’altronde
anche Pindaro nella IX ode Nemea menziona
i “biondi Danai” – vi sono singolari convergenze tra la sua figura
e quella di Ull, guerriero ed arciere della mitologia nordica; inoltre,
lungo le coste e le isole del mar di Norvegia troviamo molti suggestivi
riscontri alle sue celebri peregrinazioni, che iniziano allorché il
nostro eroe, al suo ritorno dalla guerra di Troia, quando sta ormai per
arrivare ad Itaca s’imbatte in una tempesta che lo trascina via dal
suo mondo abituale. Così egli si ritrova in un “altrove” dove viene
coinvolto in una serie di fantastiche avventure, fin quando non
raggiunge l’isola Ogigia, che l’indicazione del De
facie di Plutarco ci ha consentito di identificare con una delle
Faroer, nell’Atlantico settentrionale. Queste avventure,
presumibilmente nate da racconti di marinai, rappresentano l’ultimo
ricordo di rotte seguite dagli antichi navigatori dell’età del bronzo
nordica al di fuori del bacino baltico, nell’Oceano Atlantico (dove
scorre il “Fiume Oceano”, ossia la Corrente del Golfo), poi
diventate irriconoscibili dopo la trasposizione nel mondo mediterraneo. Ad
esempio, l’isola Eolia, dove regna il “signore dei venti” Eolo
Ippotade (“Ippotade” significa “figlio del cavaliere”), è una
delle Shetland (forse Yell), dove soffiano venti fortissimi e tuttora
vive una pregiata razza di pony; i Ciclopi abitavano sulla costa della
Norvegia settentrionale, presso il Tosenfjorden (non a caso, essi
ricordano i mitici troll del
folklore norvegese); anche i Lestrigoni vivevano sulla costa norvegese,
ma ancora più a nord (proprio dove li colloca il Prof. Robert Graves,
basandosi sul fatto che, come dice Omero, nella loro terra le giornate
estive sono lunghissime); l’isola della maga Circe, dove si
riscontrano tipici fenomeni artici, quali il sole di mezzanotte (Od. X,
190-192) e le “danze dell’Aurora” (Od. XII, 3-4), si trovava oltre
il circolo polare, verso le isole Lofoten (dunque le magie di Circe,
chiamata da Omero “polypharmakos”,
“quella dalle molte pozioni”, sono in realtà manifestazioni di un
arcaico sciamanismo lappone); Cariddi è il famigerato gorgo chiamato
Maelstrom (la descrizione omerica è straordinariamente simile a quella
di Edgar Allan Poe nel noto racconto La
discesa nel Maelstrom) e, subito dopo, Ulisse sbarca nell’isola
Trinachia, che significa “Tridente”: in effetti, davanti al
Maelstrom vi è Mosken, un’isola dalla caratteristica silhouette
che ricorda un cappello a tre punte. Quanto alle Sirene, si tratta di
micidiali scogli e bassifondi che infestano il mare davanti alle Lofoten,
pericolosissimi per i naviganti anche a causa della nebbia e delle
correnti di marea: se costoro infatti, attratti dall’ingannevole
rumore della risacca (“il canto delle sirene”), si avvicinano
pensando di trovarsi vicini alla terraferma, rischiano di naufragare
sugli scogli (pertanto l’espressione “canto delle sirene” si
rivela in realtà una kenning,
ossia una sorta di metafora, tipica della poesia nordica). Addio Grecia,
addio mare Mediterraneo! Notiamo
che all'epoca in cui sono ambientati i poemi omerici doveva essere ormai
prossimo al tracollo un periodo caratterizzato da un clima
eccezionalmente caldo, durato per millenni: è accertato infatti che il
cosiddetto "optimum climatico post-glaciale", con temperature
che nell'Europa del nord furono molto superiori a quelle attuali,
raggiunse l'acme verso il 2500 a.C. (fase “atlantica”
dell’Olocene) e iniziò a declinare attorno al 2000 (quando comincia
la fase “sub-boreale”), fino ad esaurirsi completamente qualche
secolo dopo. Fu probabilmente questo il motivo che ad un certo punto
indusse gli Achei a trasferirsi nel Mediterraneo (scendendo, forse, per
il fiume Dnepr verso il mar Nero, come molti secoli dopo avrebbero fatto
i Vichinghi, la cui cultura presenta singolari affinità con quella
achea): qui essi diedero origine alla civiltà micenea, notoriamente non
autoctona della Grecia, la quale fiorì a partire dal XVI secolo a.C.,
in buon accordo quindi con le indicazioni climatiche. I
migratori portarono con sé epopee e geografia: attribuirono infatti
alle varie località in cui si insediarono gli stessi nomi che avevano
lasciato nella patria perduta, di cui perpetuarono il retaggio nei poemi
omerici e nella mitologia greca (la quale, se da un lato presenta molti
punti di contatto con quella nordica, dall'altro, forse in seguito al
crollo della civiltà micenea, avvenuto attorno al XII secolo a.C., ha
perso il ricordo della grande migrazione dal settentrione); inoltre
ribattezzarono con i corrispondenti nomi baltici anche le altre regioni
dell'area mediterranea, quali la Libia, Creta e l'Egitto, generando in
tal modo un colossale equivoco geografico che ha spiazzato per millenni
tutti gli studiosi. Queste trasposizioni vennero agevolate – anzi,
forse, suggerite – da una certa analogia tra la configurazione
geografica del Baltico e quella dell'Egeo: basti pensare alla
corrispondenza tra Öland ed Eubea, o tra Sjælland e Peloponneso (dove
peraltro, come abbiamo visto, dovettero forzare il concetto di
"isola"); il fenomeno venne poi consolidato, nel corso dei
secoli, dal progressivo affermarsi dei popoli di lingua greca nel bacino
del Mediterraneo, a partire dalla civiltà micenea fino all'epoca
ellenistico-romana. Con
tale quadro è coerente una perentoria affermazione di un eminente
studioso: “La nobiltà degli esametri [di Omero] non dovrebbe trarci
in inganno inducendoci a pensare che l’Iliade e l’Odissea siano
qualcosa di diverso dai poemi di un’Europa in gran parte barbarica
dell’Età del Bronzo o della prima Età del Ferro. Non
c'è sangue minoico o asiatico nelle vene delle muse greche: esse si
collocano lontano dal mondo cretese-miceneo e a contatto con gli
elementi europei di cultura e di lingua greche (…) Alle spalle della
Grecia micenea si stende l'Europa" (Stuart Piggott,
Europa Antica). Una
straordinaria, recente, conferma archeologica ci viene dal cosiddetto
"disco di Nebra" (un villaggio situato 50 km ad ovest di
Lipsia, nella Germania orientale) e delle spade, di tipo miceneo,
ritrovate nello stesso sito. Il disco di Nebra è un manufatto in bronzo
datato al 1600 a.C., circolare (diametro circa 30 cm) con riportati
sole, luna e stelle (tra cui si distinguono le sette Pleiadi). Esso è
il perfetto pendant dei versi del XVIII libro dell'Iliade in cui Omero illustra le decorazioni astronomiche fatte dal
dio fabbro Efesto sullo strato in bronzo posto al centro dello scudo di
Achille: "Vi fece la terra, il cielo e il mare,/ l'infaticabile
sole e la luna piena,/ e tutti i segni che incoronano il cielo,/ le
Pleiadi, le Iadi...". I reperti di Nebra mostrano lo stretto
rapporto, per così dire "triangolare", che, attraverso
l'archeologia, si può stabilire tra il mondo nordico della prima età
del bronzo, quello miceneo (le spade) e quello omerico (lo scudo), a
conferma dell’affermazione del Prof. Piggott, grande archeologo e
accademico inglese, citata in precedenza. In
conclusione, il reale scenario dell'Iliade
e dell'Odissea è identificabile non nel mar Mediterraneo, dove dà adito a
innumerevoli incongruenze (il clima sistematicamente freddo e
perturbato, le battaglie che proseguono durante la notte, i fiumi che
invertono il loro corso, il Peloponneso pianeggiante, eroi biondi
intabarrati in pesanti mantelli di lana, isole e popoli introvabili...),
ma nel nord dell'Europa. Le saghe che hanno dato origine ai due poemi
provengono dal Baltico e dalla Scandinavia, dove nel II millennio a.C.
fioriva l'età del bronzo e dove sono tuttora identificabili molti
luoghi omerici, fra cui Troia e Itaca; le portarono in Grecia, in
seguito al tracollo dell'"optimum climatico", i biondi Achei
che nel XVI secolo a.C. fondarono la civiltà micenea: essi
ricostruirono nel Mediterraneo il loro mondo originario, in cui si erano
svolte la guerra di Troia e le altre vicende della mitologia greca, e
perpetuarono di generazione in generazione, trasmettendolo poi alle
epoche successive, il ricordo dei tempi eroici e delle gesta compiute
dai loro antenati nella patria perduta. La messa per iscritto di questa
antichissima tradizione orale, avvenuta in seguito all'introduzione
della scrittura alfabetica in Grecia, attorno all'VIII secolo a.C., ha
poi portato alla stesura dei due poemi nella forma attuale.
------------------------------------------------------- Il
volume "Omero nel Baltico. Le origini nordiche dell’Odissea
e dell’Iliade" (Editore Palombi, V edizione, Roma 2008) nell'edizione
italiana è presentato dalla Prof. Rosa Calzecchi Onesti, nota studiosa
e traduttrice dei poemi omerici. Negli ultimi anni l'autore è stato
più volte invitato a presentare la tesi ivi esposta in varie
Università italiane, quali ad esempio Pavia (cinque volte) e
Padova; in particolare, nell'aprile 2005 ha svolto un seminario in
due lezioni presso il Dipartimento di Geografia della Facoltà di
Lettere dell'Università "La Sapienza" di Roma, nell'ambito di
un corso, intitolato "Il mare: mito e letteratura",
tenuto dal Prof. Gianfranco Bussoletti, dove "Omero nel
Baltico" era indicato fra i testi d'esame. Il 19 aprile 2007
ha presentato la sua teoria presso la Facoltà di Scienze della
Formazione dell'Università Roma 3. Nel
2003 il Prof. Edoardo Sanguineti ha scritto un positivo articolo
sulla pagina culturale de "L'Unità"; un articolo è
uscito sul "Manifesto" del 7 maggio 2005; il 28 gennaio 2007
il supplemento culturale del Sole 24 Ore ha dedicato un ampio articolo
alla questione, con la firma del Prof. Piero Boitani, Direttore del
Dipartimento di Letterature Comparate dell'Università di Roma
"La Sapienza"; un articolo di Massimo Morello è uscito
il 19 gennaio 2008 su "Repubblica". Nel giugno 2008 è
uscito su LIMES, Rivista italiana di geopolitica, un articolo di
tre pagine dedicato all'argomento: si tratta dell'articolo conclusivo,
intitolato "Il vero viaggio dell'uom di multiforme ingegno",
del Quaderno Speciale di LIMES "Partita al Polo". In
precedenza, una positiva recensione era uscita sull'accademico
"Bollettino della Società Geografica Italiana" a firma del
Prof. Claudio Cerreti, Ordinario di Geografia presso l'Università di
Roma. Nel
2002 l'autore ha presentato la sua tesi nell'ambito di un convegno
internazionale dell'Università di Vancouver, e, successivamente,
in un convegno tenutosi nel novembre 2005 presso il Dipartimento
di Filologia Classica dell'Università di Riga, in Lettonia.
Inoltre, i professori del Dipartimento di Filologia Classica
dell'Università russa di Saransk hanno integralmente tradotto il libro
e nel 2004 lo hanno pubblicato in Russia, diffondendolo presso le Università
ed i circoli accademici e culturali. In seguito a ciò, nel dicembre
2004 l'autore è stato invitato a presentare la sua teoria nonchè
l'edizione russa del libro all'Accademia delle Scienze di San
Pietroburgo, davanti ad un folto gruppo di eminenti studiosi. In
particolare, la prof. Tatyana Devyatkina, titolare di Filologia
Classica all'Università di Saransk, ha scritto: "The results
of his research can be considered among the greatest discoveries
of the 20th -21st centuries". Il libro è stato tradotto anche in inglese e pubblicato nel 2006 in USA da una casa editrice americana con il titolo "The Baltic Origins of Homer's Epic Tales. The Iliad, the Odyssey, and the Migration of Myth".
Al riguardo, nel Bard College di New York, nell'ambito di un corso di alti studi su Omero, nel 2007 sono state tenute varie lezioni basate sull'edizione inglese del libro, adottato come testo per gli studenti. Il Prof. William Mullen, del Department of Classics del Bard College, ha scritto: "It is hard to overstate the impact, both scholarly and imaginative, of Vinci's compellingly argued thesis.... Scholars will be rethinking Indo-European studies from the ground up and readers of Homer's epics will enter fresh realms of delight as they look anew at the world in which Homer's heroes first breathed and moved". Sempre il Prof. Mullen, con alcuni suoi allievi, nel mese di giugno 2006 aveva effettuato un viaggio in barca a vela nel Baltico (v. sito http://vteam06.googlepages.com/ ), seguendo le rotte indicate nel libro, con il finanziamento del SEA, importante Istituto oceanografico americano. Così pure, "ARION. A Journal of Humanities and the Classics" dell'Università di Boston nel suo numero di primavera/estate 2007 ha dedicato un articolo di 35 pagine a questo argomento. Tra le recensioni in USA, vedasi ad esempio il sito The Barnes Review Nell'agosto
2007 in Finlandia ha avuto luogo un seminario scientifico
internazionale sull'argomento, i cui Atti sono stati pubblicati a cura
del prof. Giacomo Tripodi dell'Università di Messina.Un secondo
convegno ha avuto luogo, sempre in Finlandia, nel luglio 2011. Inoltre,
l'autore è stato invitato a presentare la sua tesi alla
International Conference on Mediterranean Studies, promossa dallo
Athens Institute for Education and Research, tenutasi ad Atene il
20-23 marzo 2008. Infine, tra il 2008 ed il 2009 il libro è stato pubblicato anche in Estonia e in Svezia (sul sito Lumio ) dove è stato presentato alla Fiera del Libro, "Bokmassan", di Goteborg. L’edizione danese è uscita nel 2011; quella tedesca nella primavera 2012. |